Alessandro Manzoni nacque a Milano nel 1785 da un padre benestante, Pietro Manzoni, e da Giulia Beccaria (figlia di Cesare Beccaria, autore di “Dei delitti e delle pene”, opera contro la pena di morte le torture). A causa del dissento patrimoniale della famiglia Beccaria, Giulia fu costretta a sposarsi, ma nel 1792 decise di separasi dal marito, di unirsi a Carlo Imbonati e di trasferirsi a Parigi. Sebbene gli studi di Alessandro avvennero presso collegi religiosi, a 16 anni egli scrisse un poemetto intitolato “Il trionfo della libertà”, che dimostrò che l’educazione religiosa ricevuta non aveva avuto alcun effetto su di lui. La sua prima formazione intellettuale fu di tipo razionalistica, illuministica e anticlericale, ed egli fu molto influenzato dalle idee che l’impresa napoleonica portò in Italia. Secondo il suo pensiero il poeta deve avere una funzione pedagogica ed educativa, strettamente legata alle vicende storiche. Morto Imbonati, Giulia tornò in Italia ma, nel 1805, ritornò a Parigi portando con se il figlio Alessandro. In quel periodo, l’opera più importante del Manzoni è il carme “In morte di Carlo Imbonati”, nel quale esalta la funzione dell’arte che mira alla formazione dell’uomo morale disposto al sacrificio, libero e virtuoso, e nel quale emerge un rifiuto per la mitologia che era presente in molta della poesia del tempo.
A Parigi, dal 1805 al 1810, Manzoni frequentò circoli letterari e culturali in cui dominava la filosofia razionalista e materialista del settecento. Grazie al suo amico Fauriel, uno dei fautori del romanticismo in Francia, Manzoni si avvinò allo studio della storia e, nel 1808, sposò Enrichetta Blondel, calvinista, che riuscirà a farlo riflettere sulla religione, tanto da portarlo a convertirsi al cattolicesimo, e venendo a sua volta coinvolta in questa decisione. Il Manzoni a quel punto decise di lasciare per sempre Parigi e si trasferì definitivamente a Milano. Il padre, morto nel 1807, gli lasciò in eredità tutti i suoi beni, egli quindi potè dedicarsi esclusivamente alla pubblicazione delle sue opere. Dal punto di vista letterario, egli si avvicina al Romanticismo, mentre politicamente sposa la corrente liberale favorevole all’unificazione nazionale. Nel 1815 scrisse “Il proclama di Rimini”, dove esaltò l’iniziativa di Gioacchino Murat che da Napoli risalì la penisola con il suo esercito invitando gli italiani a combattere contro gli austriaci per l’indipendenza nazionale, ma il cui tentativo fallì miseramente. Alla caduta di Napoleone rifiuta di rendere omaggio agli austriaci, rientrati a Milano. Anzi nel 1821, quando si sparse la notizia dei moti rivoluzionari piemontesi , Manzoni compose l’ode Marzo 1821, interpretando il sentimento patriottico dei lombardi; nello stesso anno, appresa la notizia della morte di Napoleone, scrisse lode “Il 5 maggio”, a lui dedicata.
La maggior parte delle opere Manzoni fu scritta nel giro di 10 anni: dal 1812, in cui inizia la composizione degli “Inni sacri”, al 1827, anno in cui conclude la stesura dei promessi sposi. Nel frattempo scrisse due tragedie: “Il conte di Carmagnola” che dedicò a Fauriel e dove esprime il suo giudizio negativo su quella politica che non tiene conto dei valori etici, e su quella politica che porta a rinunciare all’unificazione nazionale, e “L’Adelchi”, dedicato alla moglie Enrichetta, nel quale emerge il riferimento all’atteggiamento degli italiani alla dominazione da parte degli stranieri e alla speranza di essere liberati da altri stranieri. Oltre queste due tragedie si devono ricordare le più importanti “Lettere sul romanticismo” indirizzate a Chauvet e a Massimo d’Azeglio e le “Osservazioni sulla morale cattolica”, in cui vengono esaltati i principi e il valore della morale evangelica, contro la tesi del Sismondi che riteneva la religione cattolica fonte di molti mali della società moderna.
Nel 1827 dopo la prima edizione de “ I promessi sposi”, Manzoni si recò per qualche tempo a Firenze per correggere la lingua del romanzo. Prima di quel momento aveva utilizzato il linguaggio tradizionale che si rivolgeva a un pubblico colto. Ma adesso desiderava rivolgersi al vasto pubblico, per cui aveva bisogno di una prosa narrativa facilmente comprensibile. Riuscì a trovare la soluzione nella città che con la sua lingua parlata e scritta aveva esercitato, almeno per alcuni secoli, il predominio culturale sulla nazione. Scelse così il fiorentino usato dalle persone colte permettendo a “I promessi sposi” di diventare il modello di moderna prosa narrativa italiana.
La prima versione del romanzo si intitolava Fermo e Lucia (1812) che è molto diversa dalla seconda e definitiva edizione, pubblicata tra il 1840 e ‘42. Vi è sia una differenza di contenuto come anche di stile. Nell’ultima edizione apparve in appendice la “Storia della colonna infame”, un racconto ambientato nello stesso periodo storico del romanzo. Si tratta di una specie di requisitoria contro i giudici che condannarono a terribili per i presunti untori della peste di Milano nel 1630. Dal 1827 il Manzoni sposta l’attenzione su questioni di carattere culturale, storico e linguistico. A partire dal 1833 la sua famiglia venne colpita da diversi lutti. Egli perse la moglie, la primogenita, la madre, la seconda moglie, e perse sei dei suoi otto figli. Nel 1848, scoppiata la rivoluzione delle cinque giornate di Milano, incoraggia i figli maschi a prenderne parte e benché uno di loro fosse caduto prigioniero in ostaggio degli austriaci, rivolse un appello a tutti i popoli italiani perché aiutassero i milanesi. Gli austriaci poi gli occuparono la città e per quanto cercarono di mantenere un governo più mite il Manzoni non lì gradì mai. Nel 1349 venne eletto deputato nel collegio di Arona in Piemonte, ma rifiutò il seggio perché non si sentiva adatto alla politica. Nel 1859, liberata la Lombardia, Vittorio Emanuele II, per il suo patriottismo e le sue difficoltà economiche gli conferì una pensione annua di L. 12.000; nel 1861 fu nominato senatore. Nello stesso anno egli si recò a Torino per votare la proclamazione del Regno d’Italia. Nel ‘72 viene nominato cittadino onorario di Roma. Muore l’anno dopo per meningite cerebrale a Milano.